Parliamo di vino

ARTICOLI DI NILA HALUN SU BIBENDA7 E BIBENDA


Vigne a tremila
Dal numero 182 del 1 Aprile 2016 di Bibenda7

 

 La latitudine è pressoché la stessa, appena sopra il Tropico del Capricorno.  Le vigne in assoluto più vicine all'Equatore. Ma anche le più alte del mondo. L'equilibrio climatico che ne deriva, complici anche le fresche brezze provenienti dal Pacifico, rende possibile lo sviluppo della vite in territori apparentemente impensabili, in vere e proprie oasi circondate da aride montagne , con terreni ghiaiosi ed in presenza di escursioni termiche vertiginose, che favoriscono la produzione di vini di eccezionale qualità.

In Cile, circa 150 km a nord della capitale Santiago, si apre l'Aconcagua Valley, una conca spettacolare orlata a nord e ad ovest dalla Catena Andina che si erge imponente con le sue vette oltre i 6000 metri perennemente innevate. La gran parte della valle, malgrado l'altitudine, è quasi interamente coperta di  vigneti  che si estendono fino alle pendici delle montagne stesse.
Qui è il regno del Cabernet Sauvignon e del Carmenere, ma anche e soprattutto, della Bodega Errazuriz, fondata nel 1870 da Don Maximiano Errazuriz, e oggi  giunta alla quinta generazione. La Famiglia è proprietaria di grandissima parte della vallata, produce vini di assoluta qualità, ed è stata insignita nel 2008 della qualifica di Winery of the Year dal Governo Cileno. I suoi tre vini di punta, il Don Maximiano (Cabernet Sauvignon, Carmenere 50%), il Kai (Carmenere) e il La Cumbre (Syrah) ottengono regolarmente da Wine Advocate oltre 90 punti.

Noi proponiamo il Don Maximiano 2012 (96 pt – Wine Enthusiast). Colore rosso intenso con riflessi rubino. Naso di frutti rossi maturi con note balsamiche e di vaniglia. Al palato è voluttuoso, di grande finezza con tannini morbidissimi. La straordinaria acidità dona  al vino una grande freschezza. Finale lunghissimo ed intenso.

Altro versante Andino, altri paesaggi. Provenendo dal Deserto di Atacama e superate le Ande al Passo Chico (4300mt) si giunge in Argentina. Lo scenario è mozzafiato. In una cornice di decine di vulcani con le cime ammantate di neve si aprono vallate e piccoli laghetti salati, il tutto  immerso in un colore che sfuma in varie tonalità di rosso e arancio. Si scende poi verso Cachi, sempre in panorami desertici, fino a raggiungere la nascosta e sorprendente Valle di Calchaquì, provincia di Salta. Qui in un luogo quasi inaccessibile a circa 3000 metri di altitudine, vengono coltivati  MalbecTorrontes, che danno vita ad una varietà di vini di straordinaria finezza ed altissima acidità, i più alti del mondo!
La famiglia Hess, origine svizzera e proprietaria di numerose altre cantine tra cui la pregiatissima Amalaya  nel nord Calchaquì, fonda nel 1831 la Bodega Colomè, una straordinaria realtà enologica, dove è anche possibile pernottare nel Boutique Hotel in mezzo alle vigne, circondate da altissimi Cactus. La Azienda produce un ampia gamma di vini diversi per altitudine e tipologia, tra cui spicca il Malbec Altura Maxima, proveniente al 100% da vigneti coltivati sopra i 3100 metri.

Noi proponiamo il Colomè Estate Malbec 2011, il vino che in assoluto ha procurato alla Cantina il maggior numero di riconoscimenti (94 pt -Wine Advocate). Si tratta di un blend di tre diverse vigne di Malbec a tre differenti altitudini (El Arenal 2600 mt, Colomè 2300 mt, S Isidoro 1700 mt) ognuna delle quali conferisce al vino caratteristiche specifiche. Rosso rubino alla vista. Al naso è  complesso, con intensi sensazioni di frutti neri e rossi che si fondono a spezie dolci, fiori, tabacco, chiodi di garofano. Assaggio elegante con grandissima personalità, spalla acida evidente con  tannino setoso e ben integrato. Finale lungo con piacevoli ritorni fruttati. Sia questo Malbec che il precedente Carmenere si sposano perfettamente con le Parrilladas Cilene e Argentine.

Per finire possiamo dare alcune brevi indicazioni di viaggio che in due settimane e 4000 km di auto permettono di attraversare tutte le aree vinicole più interessanti del SudAmerica e tra le più affascinanti del Pianeta.

Si può partire da Santiago del Cile e raggiungere in aereo o in due giorni di auto S. Pedro de Atacama, al centro di uno dei deserti più spettacolari del mondo. Valicate le Ande circondati da aridissimi territori vulcanici si arriva a Salta. Da lì si possono esplorare, nei dintorni, le straordinarie vigne di Altura.  Si scende poi (circa 1200 km) fino a Mendoza, capitale del vino Argentino e patria del Malbec. Si valicano di nuovo le Ande attraversando paesaggi Himalayani,  giungendo  in circa cinque ore nella Valle dell'Aconcagua. In un’ora e mezza si arriva infine di nuovo a Santiago del Cile da dove, in un paio di giorni e in un raggio di 100/150 km a sud e ad ovest si possono visitare la valle di Casablanca (Sauvignon Blanc e Pinot Noir), la Valle del Maipo (Cabernet- Sauvignon), e la Colchagua Valley (Carmenere e Chardonnay). Buon Viaggio!

Vina Errazuriz,  Aconcagua Valley, Chile

Bodega Colomè, Ruta 50, km 20,  Molinos – Salta, Argentina

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Il Malbec di Mendoza
Dal numero 180  di Venerdì 18 Marzo 2016 di Bibenda7

 

Imboccate la ruta n.15, una delle principali strade del vino della piana di Mendoza. Verrete avvolti dallombra di immensi platani secolari che costeggiano la strada per chilometri. Dirigetevi a sud e tra gli alberi potrete ammirare le alte cime innevate del Cordone del Plata, che svettano ben oltre i 6000 mt, ai cui piedi si estendono le sterminate distese dei vigneti di Malbec, piantati ad altitudini che vanno dai 700/900 mt della zona di Lujan de Cuyo fino ai 1300 della Valle di Uco. Ma se pensate di vedere vigne distribuite su scoscesi pendii allora siete fuori strada. Le coltivazioni si estendono per migliaia di ettari sui dolci pendii di un immenso altopiano e beneficiano delle enormi escursioni termiche derivanti, oltre che dallaltitudine stessa, anche dalla prossimità della catena Andina. In febbraio, in piena estate, le temperature possono oscillare dai 6/8 gradi della notte fino ai 30 e oltre del giorno, regalando ai vini profumi inarrivabili. Percorrendo dunque la 15, a destra e sinistra si aprono i cancelli delle più rappresentative Bodegas. Nellordine: Altavista, Luigi Bosca, Septima, Catena Zapata, Tapiz, Chandon les Andes e tantissime altre, immerse nei propri, immensi vigneti. Proseguendo poi, in direzione di Tupungato, la strada comincia lentamente a salire , fino a raggiungere la massima altitudine nella Valle di Uco. Qui si estendono i vigneti più alti, da quota 1100 fino ad oltre 1300 mt. Sempre ai lati della strada troviamo, una dopo laltra, le cantine Finca los Andes, La Rural, Domaine Bousquet, Salentein e altre ancora con le loro interessantissime architetture. A questo punto si scende, sempre con dolce pendenza e circondati da decine di Bodegas, fino a Tunuyan e di qui, in trenta minuti di autostrada, si giunge finalmente a Mendoza. Mendoza è la capitale della “ Bebida National” come viene chiamato qui il vino, con le sue 1200 cantine che imbottigliano più del 70% di tutto il prodotto vinicolo Argentino. Ma è soprattutto il Malbec a dominare. Icona del Vino Argentino, era una volta un semplice vitigno da taglio nel Bordeaux. Ancora con viti a piede franco, oggi raggiunge picchi di qualità altissimi e viene esportato con successo in tutto il mondo, per le sue caratteristiche di morbidezza ed eleganza che lo rendono particolarmente apprezzato negli Stati Uniti. Possiamo inoltre dire che Mendoza è anche e soprattutto una splendida città, ombreggiata da migliaia di platani che orlano le piazze e le avenidas, accarezzate da freschi canali dacqua e lungo le quali si affacciano ristoranti, wine bar e wine shop frequentatissimi nelle calde sere destate, in un atmosfera elegante e rilassata. Qui si celebra, il secondo sabato di marzo, una spettacolare ed animatissima Festa della Vendemmia con una partecipazione di migliaia di visitatori da tutto il mondo. Per quanto riguarda il nostro Paese, il Malbec non è molto conosciuto e non è facile da reperire nelle Enoteche, tantomeno nei supermercati. Descriveremo pertanto tre differenti tipologie degustate, al fine di offrire un panorama sufficientemente esaustivo di questo splendido vino: Il primo è il Malbec Luigi Bosca Gala1 2012. LAzienda è di proprietà della famiglia Arizu fin dalla sua fondazione nel 1901, in società allora con la famiglia Bosca immigrata dal Piemonte. Il Malbec 2012 si apre al naso con note di frutti rossi maturi che si sposano con sentori di viola. In bocca è setoso, con note di vaniglia. Maturazione di 12 mesi in barriques di rovere americano. Un lungo entusiasmante finale. Il secondo, Angelica Zapata Malbec Alta 2010, è un blend di uve Malbec provenienti da diversi vigneti. Il risultato è un vino di grande concentrazione ed eleganza. Sensuale impianto olfattivo, prevalentemente di prugna matura e cenni di pepe nero, spezie e chiodi di garofano, grandissima finezza ed eleganza e palato morbidissimo. La Cantina Catena Zapata viene fondata nel 1902 da Nicola Catena, immigrato nel 1898 dallItalia, convinto di aver trovato a Mendoza le condizioni ideali per lo sviluppo della vite. Oggi è una realtà da 10 milioni di bottiglie prodotte con uno standard qualitativo altissimo che ha ai suoi vertici il premiatissimo Malbec Argentino (98 punti Parker per il 2008). Storia diversa per la Famiglia Bousquet. Una delle tante grandi famiglie Francesi ( Rotchild, Lurton, Dassault, Chandon etc.) che hanno avviato produzioni nella zona di Mendoza, attratti dalle eccezionali caratteristiche del terroir. Clima eccellente, qualità del suolo, unite ad una assoluta purezza dellacqua utilizzata per lirrigazione. Il Malbec Gran Reseva 2010 è il vino da agricoltura biologica dalle vigne di Tupungato a circa 1300 mt di altitudine. Composto per l85% da uve Malbec, matura per 12 mesi in barrique. Veste rubino scuro, quasi nero con profondi riflessi violacei. Su trama olfattiva di frutta rossa matura, spiccano sensazioni di pepe nero, toni di frutta candita e accenti di cioccolato e caffè. Al palato è vellutato con tannini morbidi e arrotondati, con retrogusto di mora e spezie che forniscono una grande complessità aromatica ed un lungo raffinato finale. Un breve accenno inoltre a tre importantissime Bodegas. La prima, Salentein, 1200 mt nella Uco Valley, si offre ai visitatori con una straordinaria architettura che contiene tra laltro un interessantissima Collezione di Arte Contemporanea. Eccellenti i suoi vini che spaziano dal Malbec al Cabernet-Sauvignon al Merlot. Segnaliamo il Numina Gran Corte Malbec. La seconda, Bodega Altavista, della famiglia DAulan, proprietaria in Francia della casa Piper Heidsieck. Nata nel 1998, produce vini di eccezionale rapporto qualità-prezzo. Segnaliamo il Malbec Altavista Premium. Infine Bodega Septima, una delle prime che si incontra provenendo dai sensazionali passi Andini. Interessantissima architettura in pietra locale e produzione di oltre 3.000.000 di bottiglie. Grandissima qualità. Segnaliamo un grande Malbec con prezzo intorno ai 15 € -Septima Obra. Vogliamo concludere questo breve excursus su Mendoza ed i suoi Malbec indicando quelli che a noi sono sembrati vini di assoluta eccellenza e con prezzi naturalmente adeguati alla qualità. Achaval Ferrer – Finca Bellavista, Finca Mirador, e il Quimera creato da Roberto Cipresso. Bodegas Chandon – Cheval des Andes. Villa Cobos – Cobos Malbec e il fantastico Bramare. OFournier - OFournier Malbec. Luca (by Laura Catena) – Beso de Dante (55% Malbec-45% Cabernet-Sauvignon).

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Barrio della Estacion de Haro
Dal numero 177 di Venerdì 5 Febbraio 2016 di Bibenda7

 

Parlare delle grandi Cantine della Rioja è parlare principalmente del Barrio de Estaciòn di Haro. Si tratta di un luogo unico e straordinario con più di 150 anni di storia.

Il Distretto nasce infatti nella seconda metà del XIX secolo, quando - a seguito della fillossera del 1867 - molte cantine francesi vennero ad acquistare le uve nella Rioja, utilizzando la ferrovia per trasferirle in Francia.

Nessuna cantina francese rimase poi nell’area, mentre iniziarono a posizionarsi alcune delle grandi Cantine spagnole, dal momento che proprio in quegli anni si cominciava sempre più a diffondere questo moderno sistema di trasporto al posto dei carri tirati dai cavalli.

La prima a insediarsi nel 1877 fu R. Lopez de Heredia “Viña Tondonia”, la più antica di Haro e una delle tre più antiche della Rioja, su 53000 mq di superficie e con una cantina sotterranea di quasi 4000 mq. che arriva ad una profondità di oltre10 metri sottosuolo, con 12.900 barrique bordolesi.

Nel 1879 si stabilisce poi la Compañía Vinícola del Norte de España (CVNE), mentre nel 1890 un nobile messicano, J. Gómez Cruzado, fonda la sua Cantina. Nasce nello stesso anno La Rioja Alta S.A. e dieci anni dopo, nel 1901 viene invece fondata  Bodegas Bilbaínas. Prende forma così questo incredibile quartiere, che continua a espandersi negli anni successivi con l’insediarsi di altre Cantine.
Nel 1970 MUGA, che si trovava nel centro di Haro, si trasferì anch’essa nel Barrio. Dieci anni dopo la stessa cosa fece la Cantina Roda. Oggi il Barrio vanta la più alta concentrazione di secolari Cantine del mondo.

Tutte queste cantine hanno perfettamente mantenuto le architetture originarie con sapienti operazioni di restauro, che unitamente alle strette strade a ciottoli e ai lampioni in ghisa conferiscono al Barrio una atmosfera d’altri tempi. I pochi interventi contemporanei sono di assoluto pregio e offrono un valore aggiunto all’immagine complessiva del luogo.

Oltre alle naturali degustazioni dei vini nelle diverse Aziende (necessario assolutamente prenotare),in alcune di esse è possibile anche degustare, insieme ad un calice di vino, prodotti del territorio quali prosciutti iberici e formaggi, in location antiche o moderne ma tutte di grande suggestione.

Quanto ai vini, abbiamo assaggiato differenti Reserva e Gran Riserva crianza, come Viña Real Reserva (CUNE), Viña Tondonia Gran Reserva e tanti altri. Tra i più intriganti:

Prado Enea Gran Reserva 2006
Per l’80% Tempranillo, il restante 20% costituito da Garnacha, Mazuelo e Graciano. Rubino intenso con barbagli granato. Ventaglio olfattivo ampio ed elegante con spiccati profumi di confettura di prugne, cannella, chiodi di garofano, noce moscata e liquirizia; ricordi sullo sfondo di tabacco aromatico e tè. Sorso pieno ed equilibrato con acidità ben integrata e tannino addomesticato ma ancora di una forza nobile.

J. Gómez Cruzado Tempranillo Reserva 2009
Color ciliegia, scuro, intenso e molto luminoso. All'olfatto avvolgenti note di frutta scura matura e canditi, leggermente tostato, corteccia, pepe nero, vaniglia e cacao. Perfetta la bocca con una buona acidità, tannini setosi e con impeccabili e piacevoli ritorni di frutta.

Entrambi vini si abbinano nel modo migliore con il prosciutto iberico e con carni rosse arrostite.

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Storia di due famiglie

Dal numero 170 di Venerdì 18 Dicembre 2015 di Bibenda7

 

Due cantine, Cline Cellars e Jacuzzi Family Vineyards, posizionate una di fronte all’altra ai due lati della strada che attraversa la zona di Carneros Sonoma County. La prima immersa in curatissimi giardini dove i visitatori si affollano facendo pic-nic e degustando i vini della casa, la seconda invece giace in mezzo a viti ed oliveti, ed è realizzata in pietra sul modello di un casolare italiano. L’origine di queste cantine è una di quelle storie che vanno raccontate. Tutto ha inizio quando, ai primi del Novecento, sette dei tredici fratelli Jacuzzi, originari friulani, decidono di tentare la fortuna negli States. La loro genialità li porta a realizzare più di 250 brevetti, il più conosciuto dei quali è senz’altro la vasca idromassaggio, nata utilizzando le pompe per l'agricoltura applicate ad una vasca da bagno per curare l’artrite del giovanissimo figlio di uno dei fratelli e successivamente modificata ed implementata fino a divenire un cult dagli anni Sessanta a oggi. Uno dei fratelli, Valeriano, decide invece di utilizzare le proprie conoscenze enologiche, apprese in Italia, per la produzione di vini in una vasta proprietà ad Oakley, dove riteneva che sussistessero le condizioni ottimali per la realizzazione di ottime etichette. È proprio lì, a casa dei nonni - la nonna materna è una Cline - che il giovane Fred Cline apprende e si appassiona al vino. Ottenuta una laurea in scienze dell’agricoltura nel 1982, con un’eredità ricevuta dal nonno, fonda la Cline Cellars, vicino Oakley. L’azienda viene poi trasferita nella regione Carneros di Sonoma Valley nel 1991 dov'è ancora oggi. Nel 1994, in ricordo dei nonni produce il primo vino a nome Jacuzzi Family Vineyards, mentre la cantina vera e propria, costruita in stile italiano, viene aperta nel 2007. Quest' ultima produce prevalentemente vini da uve tricolori: Sangiovese, Nebbiolo, Aglianico, Nero d’Avola, Primitivo, Dolcetto, Arneis, Aleatico e perfino Prosecco e Sagrantino. Noi abbiamo assaggiato il Valeriano 2012, omaggio al capostipite, che è invece un blend unico di Barbera (26%) e delle varietà bordolesi (Cabernet Sauvignon 39%, Merlot, Cabernet Franc e Petit Verdot). Granato scuro consistente con riflessi rosso rubino alla vista. Profumi di grande impatto: erbaceo, ciliegia matura succosa, spezie scure, scatola da sigari e accenni minerali. Al palato è ricco, morbido e la trama tannica insieme alla sapidità sono equamente distribuite. Persistenza accattivante e bilanciata. Si sposa perfettamente con tipiche bistecche americane come prime rib o ribeye.

I prodotti di Cline Cellars sono decisamente diversi. La zona di Carneros produce vini più “americani” come Chardonnay e Pinot Nero. Mentre dagli storici vigneti dal nord di Napa, da Oakley, provengono le varietà in stile Rodano quali Grenache, Syrah, Carignane, Mourvèdre, Viognier, Roussanne e Marsanne. Lo Zinfandel è decisamente il prodotto di punta della azienda. Abbiamo apprezzato il Contra Costa County Zinfandel Big Break Vineyard 2012, che si presenta con veste rubino, dilavata sull’unghia. Diffonde suadenti profumi terrosi, note di eucalipto e menta, spezie esotiche, bacche scure selvatiche, cioccolato e liquirizia. Assaggio caldo, sostenuto da tannino vellutato e ottima freschezza. Apprezzabile con i medaglioni di maiale al tartufo o il pollo al curry rosso thai. Per concludere dobbiamo aggiungere che a differenza dei produttori californiani sia la Cline Cellar che la Jacuzzi Family Vineyards producono i vini con uve delle proprie vigne, sparse nelle regioni di Oakley e Carneros, tutte assolutamente coltivate con metodi che loro definiscono orgogliosamente “beyond organic”. Si utilizza al 100% energia solare e una soluzione curiosa di controllo del diserbo: un migliaio di pecore e capre vengono lasciate vagare e pascolare liberamente nella vigna, “contribuendo” alla filosofia di agricoltura sostenibile.

Cline Cellars
24737 Arnold Drive, Highway 121
Sonoma, CA 95476
clinecellars.com

Jacuzzi Family Vineyards
24724 Arnold Drive
Sonoma, CA 95476
www.jacuzziwines.co

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Cayuga trail, vigneti nella neve

Dal numero 145 di Bibenda7 di Venerdì 24 Aprile 2015

 

La regione dei Finger Lakes (cosiddetta per la caratteristica forma “a dita” dei laghi stessi) si estende nella parte settentrionale dello stato di New York, a ridosso del lago Ontario e del confine col Canada. L’imponente massa d’acqua di questo grande lago, unitamente a quelle dei laghi Finger, contribuiscono in maniera sostanziale a mitigare il grande gelo di queste latitudini, consentendo lo sviluppo della coltivazione delle viti proprio lungo le sponde dei bacini. In questa regione erano già presenti numerose varietà indigene, che davano vita a vini poco apprezzati e dal caratteristico retrolfatto “volpino”, affiancate, dagli anni Cinquanta, da alcune varietà di ibridi francesi come il Seyval Blanc o il Vignoles. La grande trasformazione del territorio, sempre dal punto di vista vinicolo, avviene all’inizio degli anni Sessanta con l’introduzione della vitis vinifera europea, attraverso specie a maturazione precoce come il Riesling e lo Chardonnay. In quegli anni, infatti, il Dottor Konstantin Frank, viticultore emigrato dall’Ucraina, dimostrò che tali varietà si potevano sviluppare ottimamente nella regione dei Finger Lakes, convincendo i suoi colleghi che i precedenti fallimenti erano da attribuirsi fondamentalmente a scelte errate di vitigni. Grazie alla collaborazione con la sezione sperimentale di Ginevra della Cornell University, insieme all’imprenditore francese Charles Fourier, produttore di Champagne, nell’arco di un decennio il Dottor Frank iniziò a produrre vini di qualità. Il suolo di questa regione ha origine glaciale ed è costituito da ghiaia ed argille, mentre il clima rigido invernale è mitigato tanto dalla presenza oceanica della Corrente del Golfo, quanto dai laghi, dai boschi e dai ruscelli. Tutto questo consente la produzione di vini rossi come Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot, spesso in blend, oppure bianchi come lo Chardonnay, ma soprattutto il Riesling, secco e adatto all’invecchiamento, che ricorda molto da vicino quello della Saar o della Mosella. A ciò si deve poi aggiungere una rilevante produzione di Ice Wine di qualità.

A febbraio abbiamo percorso, in mezzo ad abbondanti nevicate, la Cayuga Trail, la strada che partendo da Ithaca, costeggia il Cayuga Lake, sicuramente il più importante dei Finger Lakes dal punto di vista enologico, nella sua sponda occidentale. Lungo il nostro viaggio abbiamo incontrato varie aziende vinicole ma, per necessaria brevità, tratteremo solamente di tre. La prima, Sheldrake Point Winery, 155 ettari di vigneti sulle rive del Cayuga Lake, è stata fondata nel 1997 da Chuk Tauch e Bob Madill. Fa il vino Dave Bredeen, lauree in Chimica e Filosofia, che ci accompagna in cantina e ci propone un blend di Caberntet Franc e Cabernet Sauvignon dai sentori di frutti di bosco, un Riesling di ottima fattura ed infine un Ice Wine sorprendente per equilibrio e profumi. La Sheldrake Point è stata premiata nel 2009 e 2010 come NY State Winery of the Year e tra le Top 100 Cantine degli States. Poco più a Nord incontriamo Hosmer Winery, fondata nel 1986 da Cameron Hosmer, ed oggi gestita insieme al figlio Tim. L’azienda esiste fin dal 1920 e le prime vigne furono piantate da Cameron Hosmer circa 40 anni fa che ha guadagnato notorietà come uno dei pionieri nella regione dei Finger Lakes. Cabernet Franc, Pinot Noir, Riesling e Chardonnay i vini prodotti, ma un discorso a parte merita il Sauvignon Blanc, premiato nel 2013 come “Best of CategoryWine NY”, e realizzato dal winemaker Aaron Roisen, formatosi al leggendario Nelson Marlborough Institute of Tecnology in Nuova Zelanda e trasferitosi a Fingers Lake nel 2003. L'Hosmer Sauvignon Blanc 2013 ha un colore giallo verdolino luminoso, inizia con aromi di bosso e uva spina. Al palato grande freschezza con sentori di melone, mango e limone. Il finale è lungo ed appagante. L'ultima Cantina che visitiamo è al centro delle proprie vigne e si chiama Thirsty Owl Wine Company; oltre 150 ettari con un fronte lago di circa 2 chilometri, da cui si gode una vista mozzafiato. La Cantina ha origini recenti: fondata nel 2002, è divenuta subito sinonimo di vini premiati. Produce rossi da Cabernet Sauvignon, Syrah, Pinot Noir e Malbec; Bianchi da Chardonnay, Sauvignon Blanc e Riesling. Lo scorso anno il loro Pinot Noir ha avuto il più alto punteggio al Concorso Degustazione dei Pinot Noir del Nord America, e numerosi premi ha anche ricevuto il Riesling. Oggi la Cantina è visitata da migliaia di enoturisti attratti da un ambiente accogliente, immerso in una natura spettacolare e che offre vino ma anche cibo di ottima qualità.

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California dreamin’

Dal numero 141 di Bibenda7 di Venerdì 27 Marzo 2015

 

 I vini di Patz & Hall sono sicuramente tra i più prestigiosi ed emozionanti della California.Situata nella parte meridionale di Sonoma Valley, la Cantina ha storia recente. È stata infatti fondata nel 1988 da quattro persone di grande talento, unite dalla comune passione per il vino. James Hall e Anne Moses (ambedue studiosi e grandi esperti di Enologia), Donald Patz (Manager di livello internazionale) e Heather Patz (anche lei apprezzata manager e responsabile di Pubbliche Relazioni). La produzione Patz & Hall trae ispirazione dalla grande tradizione vinicola della Cote d'Or. Tutti i loro vini, infatti, esclusivamente Chardonnay o Pinot Noir, sono vinificati secondo la tradizione propria della Borgogna che prevede l'imbottigliamento dei vini da singoli vigneti. Bisogna dire che, a differenza delle abitudini del Vecchio Mondo, dove i vigneron coltivano con cura la propria vigna, Patz & Hall acquistano le uve da vari produttori, selezionatissimi per qualità e terroir. In questo modo, oltre a garantirsi un prodotto sempre di altissimo livello, essi hanno a disposizione una vasta possibilità di sperimentazione, senza limite alcuno. Patz & Hall hanno infatti provveduto ad individuare i migliori viticultori di Napa e Sonoma Valley, del Russian River o della Mendocino County, considerando la zonazione dei terreni e microclimi differenti particolarmente adatti allo Chardonnay (Mendocino, Napa e Sonoma) e al Pinot Noir (Russian River Valley). In questa valle, infatti, il Pinot Noir ha trovato un suo habitat naturale, beneficiando del clima fresco delle correnti oceaniche e delle frequenti nebbie che mantengono alto il livello di acidità. In ogni caso il vino prodotto si presenta più strutturato di quello della Borgogna. Ciò è dovuto al fatto che in agosto le temperature tendono a salire decisamente, accelerando la maturazione delle uve. Anche il colore si presenta più intenso, ma questa caratteristica è anche prodotta da mirati interventi di cantina, volti a dare più intensità al colore che altrimenti si presenterebbe (date le caratteristiche del terroir) di un rubino chiaro.

Patz & Hall producono oggi 8 Cru di Pinot Noir (abilmente affinati in barrique di rovere di Francia) e 8 Cru di Chardonnay (alcuni dei quali vengono da R. Parker messi in parallelo con gli Chablis affinati in legno). Dei vari vini degustati ho decisamente preferito i Pinot Noir, in particolare questo che vado a descrivere: Pinot Noir Bootlegger’s Hill 2013, vino non in commercio ma disponibile soltanto per i Wine Club’s Members of P&H. Colore rosso rubino intenso, fitte percezioni di ciliegia nera, frutti di bosco maturi, petali di rosa, aromi di spezie scure. In bocca è sensuale ed avvolgente, di tessuto elegante con con tannini fini e vellutati, piacevolmente sfumato di toni liquirizia, conclude con sentore di scatola da sigari , caldo, sicuro e persistente.

Patz & Hall
21200 Eight Street East
Sonoma, CA 95476
www.patzhall.com
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Il progetto Perticaia

Dal numero 97 di Venerdì 21 Marzo 2014 di Bibenda7

 

Il nome di Guido Guardigli è ben conosciuto nel mondo del vino. Originario di Forlì, dopo gli studi di enologia si dedica con grande entusiasmo al vino. In seguito ad una affermata carriera di agronomo, diventa dirigente di numerose aziende vitivinicole nel centro Italia, e successivamente presidente del Consorzio Tutela di Sagrantino Montefalco. Guido Guardigli (nella foto) è stato il primo non umbro a credere nel futuro del Sagrantino. Visitando la terra del Sagrantino, Guardigli e la signora Angela sono rimasti incantati dalla bellezza dei borghi e dei castelli medievali, sommersi nel verde dei vigneti ed uliveti, testimoni della cultura territoriale di San Francesco, Bennozzo Gozzoli, Giotto e del Perugino. In particolare vengono colpiti dalla potenzialità e dalla forte personalità dei vitigni che fanno parte del patrimonio ampelografico umbro.

Qui nel 2000, in località Casale, hanno dato vita al Progetto Perticaia, scegliendo come simbolo della loro cantina la doppia P incrociata: Perticaia nel dialetto umbro significa aratro e questo è il nome che rimanda alla storia contadina montefalchese. Quindici ettari vitati estesi su terreni collinari, esposti a Sud-Ovest, ad un altitudine di 350 metri sul livello del mare, grazie alla quale le uve esprimono nel modo migliore i caratteri autoctoni. La tipologia del terreno è di natura calcarea, capace di veicolare la mineralità marcata, così presente nei suoi vini. Perticaia si vanta di una cantina moderna dove si svolge la vinificazione. L’affinamento invece avviene in piccole botti di rovere francese, barrique e tonneau, nella settecentesca cantina della villa Guardigli.

Nel 2003 i vini Perticaia sono entrati nel commercio nazionale e in pochi anni hanno conquistato i mercati europeo, americano e asiatico. Ad oggi Perticaia produce 120.000 bottiglie; la gamma comprende 7 vini, 2 bianchi e 5 rossi, che rappresentano lo splendido connubio tra l’espressione del territorio e l’esperienza appassionata di Guigo Guardigli. Un’attenzione particolare merita l’assaggio di Montefalco Rosso Riserva 2009 (70% Sangiovese, 15% Sagrantino, 15% Colorino), che matura 12 mesi in acciaio ed altrettanti in barrique. Abito rubino intenso, trama olfattiva di grande espressività, intessuta di confettura di ribes, mirtillo e ciliegie, liquirizia, cioccolato extra fondente, muschio, macchia mediterranea. Agile, elegante e avvolgente con tannini vellutati. Ottimo con stinco di maiale alle prugne.

Perticaia
Loc. Casale
06036 Montefalco (PG)
Tel. 0742 379014
www.perticaia.it
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Il Trebbiano Spoletino di Antonelli
Dal numero 90 di Venerdì 31 Gennaio 2014 di Bibenda7

 

L’azienda Antonelli San Marco è una delle più affermate e storiche realtà nel panorama enologico umbro. Correva l’anno 1881 quando l’avvocato spoletino Francesco Antonelli acquistò un’antica corte longobarda che dal XII secolo apparteneva al Vescovado di Spoleto e convertì la tenuta in viticoltura. Collocata su un poggio a 350 metri sul livello del mare, tra Montefalco e Bevagna, con una veduta da mozzafiato sui Colli Martani, la tenuta è ornata da una secolare alberata allingresso che introduce alla villa padronale, impreziosita da un suggestivo giardino vescovile.

Salvaguardando l’ aspetto originale, la moderna cantina, che oggi produce 270 mila bottiglie, è posta su due livelli sotterranei. Lazienda si estende per 170 ha tra cui 45 vitati e dal 2011 condotti esclusivamente a regime biologico. L’attuale titolare della tenuta è Filippo Antonelli. Custode delle tradizioni del territorio e creativo innovatore ben conosciuto sia in Italia che all’estero, ha dato vita alla nota manifestazione enogastronomica Wood Wine Country e ai corsi di cucina in cantina. La cantina Antonelli produce 7 vini rossi e 2 bianchi. Il suo Sagrantino tradizionale è il prezioso Cru Chiusa di Pannone, mentre quello sperimentale e per così dire “beverino” è il Contrario, prodotto esclusivamente in acciaio inox.

Ciò detto la nostra attenzione si sposa sul Trebbiano Spoletino, frutto di una selezione massale di antiche piante della proprietà. Il millesimo 2011, che sosta 3 mesi in acciaio e 4 in legno si presenta alla vista giallo paglierino con riflessi dorati. Nellintreccio olfattivo propone note di pompelmo, mango, fiori di mandorlo e biancospino. Morbido e brioso, supportato da una bella acidità, è decisamente un vino di grande spessore ed ampia vivacità espressiva. Interessante sia con i piatti di pesce che con i nobili salumi e formaggi umbri. Espressione nel complesso non solo piacevole ma di riferimento per un’uva storica dell’Umbria e mai facile da trasformare in vino.
Antonelli San Marco
Loc. San Marco, 60
06036 Montefalco (PG)
Tel. 0742 379158
www.antonellisanmarco.it
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Il frantoio Clarici
Dal numero 86 di Venerdì 20 Dicembre 2013 di Bibenda7

 

Il frantoio Clarici si trova in pieno centro urbano ed è stato ricavato nei locali di un antico convento, posto tra le due cerchie di mura del Trecento che abbracciavano la città di Foligno. Le numerose medaglie doro che sono state attribuite all’olio di Clarici tappezzano ancora oggi le pareti del frantoio, risalente al 1874. Fu Pietro Clarici, il fondatore della prima Camera di Commercio in Umbria e allora Presidente della Cassa di Risparmio di Foligno, che ha dato inizio alla storia dell’Azienda e fu suo figlio Domenico che esportò lolio sui mercati internazionali. In tale campo riuscì ad ottenere molti commenti positivi, tra cui due intere pagine nel catalogo dellEsposizione Mondiale di Parigi del 1900. Da cinque generazioni la famiglia Clarici tramanda di padre in figlio la passione per lolio, così come tramanda i nomi di Domenico e Pietro.

Lodierno titolare del frantoio è Pier Domenico che, insieme al giovanissimo figlio Pietro, gestisce un’ampia produzione: circa 200 quintali d’olio da oltre 25.000 piante, estese su un oliveto di 100 ettari, lungo le belle colline ad est di Foligno, nella zona tra Colpersico e Sassovivo (altitudine 350-600 metri). Dal 1999 l’Azienda Clarici fa parte della Dop Colli Assisi-Spoleto e dal 2005 si certifica come Agricoltura Biologica. Unica etichetta di Clarici è il monocultivar di Moraiolo di colore brillante verde dorato, dal carattere deciso e di ottima densità. Vi si captano fragranze di erba tagliata, carciofo, foglia di pomodoro e cardo, che si intrecciano con note di mela Golden e pera. Il gusto è voluminoso, di grande impatto e notevole struttura, straordinariamente persistente con finale amaro-piccante. Incantevole su una tagliata di manzo o sulla classica bruschetta.
Clarici
Via Garibaldi,144
Foligno (PG)
Tel. 0742 340788
www.olioclarici.it
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Il rinnovato Sagrantino di Caprai
Dal numero 83 di Venerdì 29 Novembre 2013 di Bibenda7

 

La storia della famiglia Caprai è la storia di una famiglia che ama la sua terra, la valorizza e la rappresenta di fronte al mondo. Oggi Caprai è il sinonimo di merletti, di cashmere e di Sagrantino, il vino della terra montefalchese, dove secondo Giotto, San Francesco parlava con gli uccelli.

Correvano gli anni Ottanta, quando il giovanissimo Marco Caprai si dedicava alla gestione dell’azienda agricola acquisita dal padre Arnaldo nel 1971. Era un momento difficile per il Sagrantino che rischiava l’estinzione (se ne contavano infatti gli ultimi 10 ettari e a volte l’uva era usata per la realizzazione di vini da taglio da vendere in Toscana). Quando tutti a Montefalco preferivano Merlot, Cabernet o Sangiovese, varietà più commerciali, Marco scommetteva sul vitigno autoctono e sul futuro di un’uva e di un territorio allo stesso tempo. In collaborazione con l’Università di Milano e con il Parco Tecnologico dell’Umbria, vennero quindi selezionati i 3 migliori cloni di Sagrantino studiandone la combinazione ottimale tra densità d’impianto, sistema di allevamento e portainnesto. Per la prima volta veniva prodotto un Sagrantino secco di qualità che, insieme alla storica versione passita, ha ottenuto nel 1992 il riconoscimento della Doc garantita. Inoltre Marco, ragazzo semplice ed umile, ha avuto il grande coraggio di presentare il suo Sagrantino in tutti gli angoli del pianeta. Grazie a questi eventi Montefalco, la piccola cittadina con un centinaio di residenti dentro le mura, diventata il quinto distretto in Italia più frequentato dai turisti, sia italiani che internazionali, per motivi enogastronomici.

Oggi la cantina Arnaldo Caprai, con i suoi 136 ettari vitati, 750.000 bottiglie, 11 vini in produzione e le intense ricerche nell’ambito del progetto “The New Green Revolution “ oltre a tutti i premi e riconoscimenti ottenuti, è stata annoverata “Cantina Europea dell’anno”. Simbolo di questo successo è il celebre Sagrantino 25 Anni, cru creato nel 1993 in occasione del venticinquesimo anniversario dellazienda che matura per 24 mesi n barrique prima dell’imbottigliamento. Il millesimo 2004 è rosso rubino impenetrabile, quasi nero. Ampio e complesso al naso: un cesto di frutti di bosco estremamente maturi, poi aromi di liquirizia, cuoio, spezie e cioccolato. La struttura tannica di bel carattere si intrecciano al palato,  possente ed elegante con un retrolfatto persistente ed armonioso. Un grande vino italiano, di territorio e chiara tradizione.
Arnaldo Caprai
Loc. Torre
06036 Montefalco (PG)
Tel. 0742 378802
www.arnaldocaprai.it
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Il Sagrantino di Omero Moretti
Dal numero 82 di Venerdì 22 Novembre 2013 di Bibenda7

 

Ogni volta, quando mi trovo nellazienda di Omero Moretti, osservo il tipico scenario di un cortile di una cantina da vigneron francese: i trattori sparsi, le galline e i maialini che mi corrono intorno, la nonna Quinta che sta conversando con le nipoti. Alla fine appare lui, Omero Moretti, sorridente, con le mani sporche di terra che ricopre diversi ruoli nella sua azienda: agronomo, enologo, titolare, bracciante e, in smoking, elegante promotore dei suoi vini. La storia del vino nella famiglia Moretti nasce alla fine del 1920, quando nonno Domenico comprò con i risparmi di emigrato il primo terreno: tre ettari di vigneti ed uliveti nella fiabesca zona San Sabino di Giano dellUmbria. Presto la passione per la produzione vinicola viene trasmessa al figlio Peppe ed al nipote Omero.

La nuova pagina nella biografia dei vini Moretti inizia con liscrizione nel 1993 al registro delle aziende biologiche della Regione Umbria (seconda azienda a farlo) e nel 1997 con la produzione del primo vino Sagrantino, rigorosamente naturale. Enorme la passione e limpegno di tutta la famiglia: la moglie Daniela, le figlie Lucia e Giusy ed anche lottantenne nonna Quinta, strepitose le sue ricette di tipica cucina umbra in abbinamento con il vino di Moretti che si possono ammirare e imparare su Youtube. Lazienda è riuscita a portare i suoi vini ai livelli internazionali (Stati Uniti, Europa, Giappone, Messico) e al top delle classifiche di numerose guide enologiche italiane ed internazionali.

Oggi Moretti vanta 13 ettari vitati, 55.000 bottiglie e una linea di sette vini interessanti, tra cui il recente Sagrantino Vignalunga 2006, il cui nome deriva dalla forma della vigna che si è naturalmente allungata quasi cercando l’esposizione e la ventilazione migliori. Un Cru da vigneto ultraquindicenne ubicato oltre i 400 metri di altitudine (la più alta dell’areale della denominazione  Sagrantino di Montefalco), con esposizione sudovest grande meno di un ettaro, con suolo argilloso e calcareo. Dopo l’affinamento in tonneau francesi ed americane per 2 anni, seguiti da 6 mesi in bottiglia, il vino si presenta elegante, seducente nel colore rosso rubino, con note di confettura di frutti di bosco, spezie, cioccolato alla menta e una scia di tabacco. Il tannino è raffinato e perfettamente integrato nell’ottima struttura. Si rivela divino quando viene abbinato con cinghiale in salmì.
Moretti Omero
San Sabino, 19
Giano dellUmbria (PG)
Tel. 0742 90426
www.morettiomero.it
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I vini di Malta
Dal numero 50 di Venerdì 8 Febbraio 2013 di Bibenda7

 

Oltre alle isole siciliane di Pantelleria e Linosa, ultimamente si dichiarano protagoniste di viticoltura mediterranea anche altre due isole: Malta e Gozo, distanti dalla Sicilia solo 80 chilometri, che partecipano al Programma operativo di Fondo Europeo “Italia-Malta 2007-2013”, dedicato alla protezione dell’ambiente, in particolare della vite, nelle isole del Mediterraneo.

Nonostante un terroir molto difficile da interpretare (il clima di Malta è quello tipico mediterraneo caldo e umido) che consente alle uve una rapida maturazione, oggi alcuni vini maltesi stanno raggiungendo dei risultati interessanti. Gli sforzi degli ultimi decenni e gli studi approfonditi dei terreni argilloso-calcarei, hanno portato ad un buon livello di qualità, anche se di quantità modeste, i vini di Meridiana, Delicata, Marsovin, Montekristo e Ta’ Mena a Gozo. I vini locali sono presenti non solo nei migliori ristoranti e Casinò di Malta, ma anche nei mercati internazionali, in particolare in Belgio, Gran Bretagna e nei paesi di nord Europa.

Malta possiede un mix di cultura ereditata nei secoli dai Fenici, Bizantini, Arabi, Francesi, Inglesi e i tanti altri. Indubbiamente l’influenza romana domina nei diversi settori: dal Cristianesimo ai capolavori di Caravaggio e Mattia Preti, non da meno è forte limpronta italiana nella tradizione vitivinicola.

I vitigni italiani come Sangiovese e Vermentino, e con loro le relative tecniche enologiche, sono stati introdotti a Malta per affiancare le varietà autòctone come Gellewza e Ghirghentina e quelle internazionali come Chardonnay, Sauvignon Blanc, Cabernet Sauvignon, Merlot, Syrah ed altre.

Dunque i vini bianchi maltesi sono leggeri e freschi con sfumature fruttate e floreali ed evidenti note salmastre. Si sposano perfettamente con specialità maltesi a base  di verdure e di pesce come per esempio sword fish (pesce spada). I vini rossi, prevalentemente di corpo e struttura importanti, affinati in barrique francesi di bouquet diversi, si esprimono meglio in un abbinamento con il piatto nazionale maltese il civet di coniglio (fenek), preparato con una salsa a base di aglio e vino rosso.

Mi sarà difficile dimenticare i sapori di questi abbinamenti particolari: a Malta fu il mio primo Wine Tasting pubblico in inglese per i miei compagni di English school!

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L’impero Gonzàles Byass
Dal numero 43 di Venerdì 14 Dicembre 2012 di Bibenda7

 

Un pomeriggio nella malinconica Jerez de la Frontera, in trasferta a Cadice: mi aspetta un wine tasting per conto della cantina Arnaldo Caprai, a bordo di MSC “Lyrica”. Una volta giunta nell’antica città fenicia, patria del famoso vino andaluso Jeres (Sherry per gli inglesi , che hanno valorizzato e fatto conoscere questo vino al mondo), visito i vigneti appena fuori città, per osservare le piante di varietà usate nella produzione di Jeres: Pedro Ximénez, Moscadel e soprattutto Palomino, colpevole di un fenomeno chiamato il flor -velo di microorganismi che si forma nelle botti scolme con Fino in fermentazione. Si raccoglie un campione di magico terreno bianco calcareo- albariza, capace di assorbire e trattenere l’umidità e poi visito Bodegas Gonzàles Byass.

Mi accompagna l’identica sensazione di essere in un palazzo reale, di tuffarmi in un’atmosfera di aristocrazia del vino, come già accaduto nella visita al Chateau Lafite-Rothschild o Bollinger. Mi informo: nel 1835 Manuel Marìa Gonzales acquistò una piccola cantina per associarsi successivamente con il business partner inglese Robert Blake Byass. Così nasce Gonzàles-Byass per diventare uno dei maggiori produttori di Jeres (1800 ettari vitati, 90 milioni di litri l’anno). La cantina ha preso il celebre marchio Tio Pepe (Pepe è il nomignolo di José), visto che proprio i suggerimenti di zio José Angel de la Pena hanno condotto Gonzàles alla produzione dello Sherry!

La cantina Gonzàles-Byass è stata visitata da numerose celebrità, alle quali sono state dedicate singole botti firmate da loro stessi. Impressiona la Concha Real, la cantina costruita dal famoso architetto Eiffel con le botti decorate dalle bandiere delle nazioni-importatrici di Tio Pepe (150!). Il vero testimone dell’impero Gonzàles è la Bodega Solera risalente al 1847, dove lo Sherry va affinato al metodo soleras. Le botti di rovere americano, sono poste a piramide una sopra l’altra in quattro file: la prima fila, posizionata sul suolo-solera, contiene i vini più vecchi: da essa il vino viene imbottigliato ( anche se in piccolissime quantità contiene sherry di oltre 50 anni!). Più in alto le botti con i vini sempre più giovani- criaderas, dai quali si preleva il vino per ricolmare le botti sottostanti.

Lo Sherry è un complesso universo e per capirlo occorre tanto tempo e Gonzàles Byass propone in wine tasting dei suoi migliori prodotti. Elegante bianco secco -la quintessenza dello Sherry- Tio Pepe Fino (Palomino in purezza) di colore oro paglierino e di gusto delicato. Si apre con note salmastre, accenni di lievito e mandorle. Semplicemente esuberante nella sua morbidezza. Perfetto con pesce, caviale, ostriche e frutti di mare. Passando per Oloroso, Amontillado e il raro Palo Cortado si arriva ad un nettare di colore castano-scuro- Pedro Ximenez Noè (Pedro Ximenez in purezza). Profondo, ricco e potente, succulento. Complesso ed intenso con un bouquet di uva passa, cioccolato, caramello, frutta secca, note tostate di caffè e spezie dolci, avvolge sensualmente il palato. Vino da meditazione eccezionale anche accompagnato con il cioccolato.

Gonzàles-Byass
Calle de Manuel Maria Gonzàles,12
Jerez de la Frontera, Cadiz
Tel. 0034 956357000
www.gonzalezbyass.com

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Vini d’Ucraina
Dal numero 38 di Venerdì 9 Novembre 2012 di Bibenda7

 

Poiché da lì provengo, mi capita spesso di rispondere a questa domanda. L’Ucraina è il “granaio” dell’ex Unione Sovietica, ma è conosciuta nel mondo anche come il Paese del Grande Sheva, il calciatore Andrij Shevcenco, e del disastro nucleare di Chernobyl. Più raramente ci si ricorda di Julia Tymoshenko, il volto della Rivoluzione Arancione del 2004. Però tutti sono curiosi di sapere dei vini ucraini.

La superficie totale dell’odierno vigneto è allincirca di 150.000 ettari, dove si osservano le 3 più importanti zone vitivinicole. Nel territorio di Zakarpattya, riparato dai monti Carpazi, la produzione di vino era conosciuta sin dal XII secolo. Nel 1711 lo zar Pietro I in una visita a Zakarpattya, dopo aver assaggiato e apprezzato dei vini locali presso Seredne, comprò tutti i vigneti (oggi chiamati vigneti dello zar), che in seguito avrebbero fornito il vino alla corte di San Pietroburgo. Qui tuttora prevalgono le varietà internazionali: Cabernet Sauvignon, Merlot e anche il georgiano Saperavi.

Un’altra zona vocata alla produzione di vini di eccezionale qualità è Mykolajiv-Cherson che si trova a nord est della Crimea, e Odessa, sul confine con la Moldova. Oltre agli spumanti e ai vini da dessert, i prodotti più rappresentativi locali sono i bianchi e i rossi secchi come il Perlina Stepu (Aligoté) o l’Oksamit Ucrainy (Cabernet Sauvignon).

La zona più importante è la penisola di Crimea (Krym), dove la vite è coltivata da sempre e in particolare dai tempi della colonizzazione greca (nel IV secolo a.C.) Alla fine del XVIII secolo la Crimea entra nell’Impero Russo e nel 1828 lo zar Nicola I incarica il conte Michail Woronzow di curare la viticoltura e l’enologia in quel territorio. Woronzow mise le basi per una nuova pagina nella storia vinicola della Crimea fondando una cantina ed un Istituto Enologico presso Magarach.

Dopo la guerra di Crimea del 1853-56, a Livadia nelle vicinanze di Yalta, fu costruita la residenza estiva dello zar e nel 1891 il principe Lev Golitzin fu nominato enologo di corte. Fu lui a costruire nel 1894 a Massandra un’azienda per l’epoca moderna. Massandra non era un luogo in cui si produceva il vino, ma un punto di conservazione dei vini, che arrivavano da una ventina di cantine sparse sui Krymskiye Gory.

I leggendari vini ucraini di Krym hanno attirato l’attenzione degli esperti in occasione di un’asta a Londra presso Sotheby’s nel 1990. Si trattava dei vini dei tempi degli zar, tra cui i Madeira, gli Sherry, i Tokay ed il Cahors, il vino della chiesa russa ortodossa, un Muscat del 1929 e un bianco stile Porto del 1932. Imitando lo stile del Porto o Madeira questi prodotti sono riusciti addirittura a superare quelli autentici.

Oggi Massandra possiede la più antica a la più ampia collezione del mondo di vini (all’incirca un milione di bottiglie), che le è valsa l’ingresso, nel 1998, all’interno del Libro dei Guinness. Oggi Massandra produce ugualmente vini fortificati, non paragonabili però con quelli, di altissimo profilo, che beveva la famiglia imperiale.

Nonostante i gravi danni provocati dalla compagna del 1985 di Gorbaciov contro l’alcolismo in Unione Sovietica, furono per l’occasione estirpati quasi tutti i vigneti, bisogna comunque riconoscere che l’Ucraina è un Paese dove, in determinate zone, si possono produrre vini davvero eccezionali, basta utilizzare le viti giuste e la competenza di agronomi ed enologi preparati.

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Alle pendici del Subasio
Dal numero 18 di Venerdì 13 Aprile 2012 di Bibenda7

 

“Mostra l’eleganza di un Margaux...” questo è quanto scrive Robert Parker descrivendo il Villa Fidelia Rosso 2000, Cantine Sportoletti, assegnandogli poi un punteggio di 94/100. Ora, se percorrete la splendida strada che, costeggiando le pendici del Monte Subasio unisce Spello ad Assisi, come faccio ogni giorno per raggiungere la mia Enoteca, vi accorgerete quanto differente sia il paesaggio collinare umbro da quello del Médoc. Assolati pendii dove si alternano olivi e viti, macchie di lecci e roverelle, di contro alla grigia piana alluvionale posta alla foce della Gironda. Qui, appena superato Spello ed i cipressi secolari che ornano il parco della settecentesca Villa Fidelia, troviamo la Cantina Sportoletti, al centro di ampi vigneti che si dispiegano in leggera pendenza fino agli olivi che li delimitano nella parte settentrionale.

Da queste parti la famiglia Sportoletti, da generazioni in agricoltura, si è sempre dedicata con passione anche alla produzione del vino. Nel 1979 nascono le prime bottiglie con etichetta propria. Da allora è iniziato il lungo cammino alla ricerca del perfetto equilibrio tra innovazione e tradizione, avvalendosi anche, dal 1998, della prestigiosa consulenza del winemaker Riccardo Cotarella. Lo scopo è sempre stato quello di valorizzare al massimo le potenzialità del terroir, le colline tra Spello e Assisi, dove sono ubicati i 26 ettari di vigneto dell’Azienda.

Da sempre viene dedicata particolare attenzione alla conduzione dei vigneti, iniziando dalla potatura invernale, per preservare intatte tutte le caratteristiche del territorio, in ogni vitigno, fino al bicchiere. Frutto di un ambiente unico, per caratteristiche pedoclimatiche ma anche e soprattutto per latmosfera che unisce la bellezza del paesaggio alla spiritualità Francescana.

Attualmente sono cinque i vini prodotti: Assisi Rosso Doc, Assisi Grechetto Doc, Villa Fidelia Bianco Igt, Villa Fidelia Rosso Igt, Villa Fidelia Passito Igt, oltre ad un ottimo Extravergine d’Oliva biologico.

La neve caduta sul Subasio in questa gelida Pasqua, e un piatto di polenta con ragù e salsicce che mi attendeva a casa, ha fatto cadere la mia scelta sul Villa Fidelia Rosso 2004 (probabilmente una delle annate migliori).

Profondo colore rosso scuro, molto complesso al naso con profumi di frutti scuri e spezie dolci, liquirizia e cuoio, accompagnati da note balsamiche. All’assaggio delinea una forte personalità unita ad eleganza, con tannini setosi ed equilibrati e dotato infine di una lunga persistenza.

Villa Fidelia è al 70% Merlot con percentuali residue di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, sosta 12 mesi in barrique di rovere francese seguiti da 24 mesi di affinamento in bottiglia.

Sportoletti

Via Lombardia, 1

Spello (PG)

Tel. 0742 651461

www.sportoletti.com

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Suggestioni... monastiche
Dal numero 16 di Venerdì 30 Marzo 2012 di Bibenda7

 

Ci lasciamo alle spalle Assisi e la sua Rocca. In direzione di Nocera Umbra. La strada attraversa boschi di querce e carpini per poi inerpicarsi fino a ottocento metri di altitudine dove, immerso nel parco naturale del Monte Subasio, troviamo il Monastero di San Biagio (nella foto). È qui che nasce, circa quindici anni fa, la prima birra umbra di ispirazione monastica.

Il contributo dei monasteri nella produzione di birra è da sempre conosciuto. Infatti questa spumeggiante bevanda ha storicamente accompagnato nei secoli, in terra umbra, i pellegrini nei loro viaggi verso le mete sacre, come troviamo documentato in numerosi scritti e testimonianze.

In questa cornice suggestiva, nasce la birra Ambar, recentemente premiata a Strasburgo tra le tredici migliori birre internazionali. È una birra scura che si ispira alla antica tradizione monastica, a bassa fermentazione e con spiccati aromi di caffè e caramello. Accanto troviamo la Monasta, birra ambrata con sentori di nocciole, struttura decisa e grado alcolico intorno al 7% del volume, da accompagnare a piatti di carni alla brace. Inoltre si producono birre chiare come la Verbum e la Gaudens, la prima quasi bianca con sfumature fruttate, adatta per antipasti e pesce; la seconda moderatamente amara, con note tostate, perfetta con pasta e salumi. Si tratta di birre realizzate con ingredienti di altissima qualità, in gran parte presenti nel territorio come l’acqua purissima di Nocera Umbra.

A pochi chilometri dal monastero, sempre immerso nei boschi, medesima proprietà, troviamo il borgo La Tavola Dei Cavalieri. Antiche residenze di campagna perfettamente ristrutturate, affacciate su 18 ettari di proprietà in gran parte boschiva. Qui è stato da pochi anni reintrodotto il suino nero, razza che anticamente popolava le pendici del Subasio e poi scomparsa, sostituita dalle cosiddette “razze migliorate”. Gli animali qui, lasciati liberi, maturano intorno ai 20-24 mesi (contro i 9 mesi delle nuove razze) per poi essere macellati e lavorati artigianalmente. Vengono nutriti con tutto ciò che offre il sottobosco, con un’integrazione alimentare costituita da legumi e cereali provenienti dall’azienda stessa, tutti biologici. I salumi che ne derivano ci regalano emozioni intense, il gusto dei sapori prodotti con autenticità e semplicità.

Birre e salumi, extravergine e vino, materie ed anima di un territorio, la valle Umbra, che in questi ultimi venti anni sta cercando di recuperare tradizioni, opportunamente innovate, che erano andate largamente dimenticate nella memoria recente.

San Biagio
Loc. Lanciano, 42
06025 Nocera Umbra (PG)
Tel. 0742 813646

www.assisiresort.com

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La “muccigna” e il Pecorino
Dal numero 14 di Venerdì 16 Marzo 2012 di Bibenda7

 

La muccigna è una cassetta di pescato. L’ultima raccolta dalle reti dei pescherecci, a San Benedetto del Tronto, prima di entrare in porto. È composta di pesci piccoli, difficili da commercializzare, di non grande pregio ma di assoluta freschezza. Il più delle volte questo pesce viene consumato nelle famiglie dei pescatori stessi, raramente finisce nella cucina di qualche ristorante.

Proprio l’altra settimana Antonio Pignotti che, insieme al fratello Orlando, conduce il ristorante dello Chalet  “Stella Marina” sulla spiaggia di Grottammare, ci mostra tre cassette di muccigna appena arrivate, dove ancora si agitano piccole sogliole, pescatrici, merluzzetti, tracine, rombetti chiodati e qualche mazzolina.

In breve tempo il pesce è cucinato e portato in tavola. I piatti sono semplici, nel solco della tradizione ascolana, e preparati con cura. Primo fra tutti il caratteristico brodetto alla sanbenedettese, quasi bianco con pomodorini verdi, peperoni, cipolle e aceto, seguito da un imprescindibile fritto misto dell’Adriatico.

 A questo punto non restava che accompagnare il tutto con un vino adeguato. Di buona struttura, fresco e di spiccata sapidità. Tra tutte le etichette della cantina la scelta cade su un Pecorino: il Ciprea dei Poderi Capecci San Savino, vigneti collinari a dieci chilometri dal mare, tra Ripatransone e Offida. Dove sembra di essere nelle Langhe. Colline vitate a perdita d’occhio alternate agli olivi e a suggestivi Calanchi.

Eppure il Pecorino, così come viene oggi proposto, ha storia recente. Perché di recente riscoperto. Rischiava infatti di andare perduto come molti altri vitigni italici, relegato in territori sempre più ristretti a causa della sua ridotta produttività. Tipico della zona a cavallo tra le provincie di Macerata e Ascoli Piceno, deve il suo nome proprio alla caratteristica di quei territori. Terre di pascoli e dunque di pecore. Sembra infatti che i piccoli acini di quest’uva (da cui il nome anche di Uva Piccoletta o Uvina), che matura molto presto e predilige siti collinari freschi, piacessero molto alle pecore. All’assaggio questo Pecorino Ciprea 2010 Doc Offida è giallo paglierino con riflessi verdolini. Al naso, note di erbe aromatiche accompagnate da un’accentuata mineralità. In bocca si rivela caldo, supportato da una vena acida e da una buona sapidità. La maturazione avviene esclusivamente in acciaio ed è un vino molto versatile. Oltre ai piatti di pesce, con cui l’abbiamo accompagnato, è possibile abbinarlo anche ai salumi tipici del territorio ascolano, tra cui il noto Ciauscolo - un salame dalla caratteristica consistenza che lo rende spalmabile - oltre naturalmente ad altri piatti della cucina ascolana in un gioco di accostamenti tutti da sperimentare.

Poderi Capecci San Savino

Via Santa Maria in Carro, 13

63038 Ripatransone (AP)

Tel. 0735 90107

www.sansavino.com

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A proposito di terroir
Dal numero 13 di Venerdì 9 Marzo 2012 di Bibenda7

 


Autunno a Tain-l’Ermitage. Assaggiando un grande Syrah, la domanda diretta al vigneron: quali segrete arti dietro la creazione di un vino di tale intensità? La risposta secca: prima e sopra di tutto il “terroir”. Eppure questa parola, che significa molte cose, rimane tra gli elementi più controversi.

Alcuni lo definiscono come un insieme di caratteristiche geologiche e geografiche che rendono quell’appezzamento, e il vino che ne deriva, assolutamente irripetibili; altri invece aggiungono a questo anche il fattore umano. Per altri infine terroir significa esclusivamente terreno, suolo.

Ma, mentre di generazione in generazione i vigneron francesi cercavano di custodire la loro terra, in questi ultimi decenni si sono aperti nuovi orizzonti. I vigneti del Nuovo Mondo, le nuove tecnologie - hitech wine-making - nuovi vini spesso tecnicamente perfetti e a un prezzo competitivo, capaci inoltre di sottrarsi al sistema di regole e limitazioni presenti nelle nazioni di più antica tradizione vinicola. Nuove strategie di marketing che hanno imposto nuovi standard del gusto: i mass-market wines. Uniformità, omologazione, dove poco o niente interessa il territorio d’origine. Vini di facile beva, che non richiedono preparazione specifica del consumatore.

Così moltissimi produttori si sono adattati alle mode del momento, costruendo prodotti con uve surmature e ampi passaggi in legno. I vini “varietali”, destinati a soddisfare la domanda globalizzata  invece delle richieste di tipo individualistico. Un esempio per tutti lo Chardonnay, vino di gran moda negli anni ‘80 e ‘90 e ancora oggi richiestissimo. La sua coltivazione è passata, soltanto in America, dai 1.000 ettari vitati negli anni ‘60, agli oltre 97.000 agli inizi del 2000!

Oggi il 90% dei vini nel mondo è rappresentato proprio da quelli cosiddetti tecnologici.

E le differenze allora? Lo stesso Robert Parker interviene nel dibattito sostenendo a sua volta le teorie dei produttori modernisti, e cioè che le scelte e i metodi di lavorazione possono contribuire al carattere di un vino più del terroir stesso. Viene ribadita la tesi, quindi, che il wine-maker possa supplire con il proprio intervento anche a un’ipotetica deficienza delle caratteristiche del terroir.

Ma è davvero così? Sappiamo che un restante 10% dei vini (tra cui i nostri Barolo, Amarone, Sagrantino ecc.)  non può essere riprodotto se non in quell’unica dimensione spazio-climatica e culturale che ne definisce ed esalta le irripetibili caratteristiche!

Se è vero quindi che la teoria del terroir viene sbandierata dai francesi per giustificare uno status quo dei loro vini e mantenerne alti i prezzi, ci sembra vero anche e soprattutto che proprio questi vini, e non altri ci regalino le emozioni più vere e intense (ed anche, a volte, qualche sgradevole sorpresa!

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Da Sancerre all'Ile de Re

Dal numero di Bibenda7


Attraversando il Giardino di Francia, con le suggestive cantine scavate nella roccia tufacea, e potenti castelli come Chinon e Chenonceaux, scoprivo la seducente ricchezza dei sapori, degli aromi e dei colori di quel territorio. La Loira non si stancava di sorprendermi, offrendo panorami sempre

diversi e differenti suggestioni, con i suoi Savennières e i Vouvray, raffinati Chenin Blanc dall'intenso aroma di melone e un eccezionale rapporto qualita'-prezzo.
 Proseguendo verso ovest si raggiunge infine I'ile de Re, con i suoi bianchi villaggi affacciati sull'oceano, intatti e con le imposte vernicate di colori tenui che declinano dal verde mare al blu. Qui il vento la fa da padrone e mi sono lasciata più volte tentare da straordinari piatti di ostriche accompagnate da un Muscadet Sèvre-et-Maine, umile vino dalla freschezza così pronunciata. Indimenticabile. Ma la sorpresa più bella mi attendeva al ritorno, viaggiando verso sud est, dove la Loira compie una ampia curva: due piccoli paesi sulle rive opposte.
Due capitali mondiali del Sauvignon Blanc. Sollevata su una collina,
antica e sonnolenta, appare Sancerre. Li ho capito che la devastante filossera ha avuto anche un effetto collaterale positivo. In questo territorio il vigneto distrutto venne sostituito con un vitigno che ha trovato qui il suo habitat più felice. E ho capito anche il significato del sentore di pietra focaia e di polvere da sparo, così presenti in questi splendidi vini. Da Sancerre la strada attraversa la Loira e conduce a Pouilly-sur-Loire, dove il Sauvignon Blanc assume note affumicate e viene anche chiamato blanc fumè. Qui non si poteva evitare lo Chateau de Nozet, che appartiene all'ambasciatore mondiale del Sauvignon Blanc, il Baron de Ladoucette, che ha anche tentato con sucesso di trapiantare il vitigno nel comprensorio Umbro di Orvieto, al Castello della Sala.
 Devo dire però che lo scopo principale della mia visita a Pouilly era rappresentato dall ineffabile “Silex” di Didier Dagueneau, oggi scomparso, ma che continua emozionare i tanti appassionati (tra cui la sottoscritta)  con i suoi vini unici al mondo.
Ma alla fine della giornata mi aspettava l'incontro più piacevole: una piccola cantina e la coppia dei proprietari: Jean Michel e Michelle della Domaine Masson-Blondelet. Vigneron da sei generazioni,gentili e sinceri come i loro vini, provenienti dai 20 ettari della proprietà.
Professionali e cortesi mi descrivono e fanno assaggiare tre differenti Pouilly-Fumè: il “Villa Paulus” che rappresenta il classico stile della produzione, e proveniente da una marna con piccole conchiglie, molto simile al Kimmeridgian dello Chablis. Poi il “Les Angelots” da un terreno calcareo...ed in fine “Les Pierres de Pierre” che, come dice il nome stesso, cresce su uno scosceso terreno siliceo. Sono vini splendidi, diversi tra loro, ma uniti da qualità ed eleganza estrema e ad una incredibile mineralità, freschezza ed armonia.
Lasciando Pouilly-sur-Loire portavo dietro il mio tesoro: oltre ad un numero imprecisato di bottiglie, avevo con me, custoditi in vasi di vetro, tre campioni del magico terreno, raccolti tra le vigne, insieme ai bellissimi ricordi di terre così lontane, ma vicine al cuore di chi ama
il vino.

 


 

La più antica cantina di Montefalco

Dal numero 85 del 13 Dicembre 2013 di Bibenda7

 

La più antica e la più moderna cantina dell'areale del Sagrantino è quella di Scacciadiavoli. Si trova lungo la tortuosa strada che scorre in mezzo alle dolci colline tra Montefalco e Giano dell’Umbria. Molto curiosa l’etimologia del suo nome, legata a diverse leggende custodite dai più vecchi abitanti di Montefalco tra le quali personalmente preferisco questa: ai tempi di San Francesco, in prossimità dell’antico borgo, abitava una bellissima e giovane ragazza che era posseduta dal demonio. I frati francescani, i preti e gli esorcisti avevano provato ad aiutarla ma senza alcun risultato. Dopo aver casualmente sorseggiato un po’ di Sagrantino, il vino che i frati all’epoca usavano nel sacramento dell’eucarestia, la giovane guarì. Da qui il nome Scacciadiavoli che venne attribuito sia al borgo sia alla cantina del miracoloso vino.

Maestosa cantina che si dispiega su quattro livelli; esemplare unico in Italia nel suo genere, monumento di architettura agro-industriale ed innovazione tecnologica insieme, venne costruita nel 1884 dal principe Ugo Boncompagni Ludovisi che si ispirò alla bellezza e al genio degli Château bordolesi. Sin da allora poi sono state applicate tecniche agronomiche innovative sia nella gestione della vigna sia nell’impianto di drenaggio, così come nella più moderna forma di allevamento, il Guyot ad alta densità d’impianto. Il vino del principe Ugo ottenne numerosi riconoscimenti e medaglie d’oro dal Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio e, grazie anche all’Esposizione di Milano, arrivò sui mercati di Germania, Stati Uniti, Nord Europa e Giappone.Dopo diversi passaggi di proprietà, la cantina venne acquistata nel 1954 da Amilcare Pambuffetti, produttore agroalimentare folignate che da ragazzo zappava la vigna del principe. Nel 1991 Scacciadiavoli venne ereditata dai nipoti Francesco, Carlo e Amilcare che tuttora continuano il percorso di innovazione e perfezionamento iniziato dal principe, e che coinvolge anche i giovanissimi Liù e Jacopo.La linea di Scacciadiavoli è oggi formata da 8 vini, 220.000 bottiglie figlie di 35 ettari vitati. Assaggiamo il Sagrantino Passito 2005, sedici mesi in barrique e nove in bottiglia. L’inebriante profumo di chiesa, incenso e candele prelude a una dolcezza gustativa ben bilanciata dal tannino che lascia la bocca piacevole, con prolungati ritorni di spezie dolci. Storicamente era servito con l’arrosto di maiale o di piccione ma anche con altri piatti della tipica cucina umbra. Noi lo abbiamo apprezzato con i biscotti al Sagrantino. Ideale anche da meditazione.

Scacciadiavoli
Loc.Cantinone, 31
06036 Montefalco (PG)
Tel. 0742 371210 
www.scacciadiavoli.it

 

Vin de garage” di Milziade Antano

Dal numero di Bibenda7

 

Ogni volta quando mi trovo in Fattoria di Milziade Antano ho una sensazione forte di trovarmi in Francia. E anche se Francesco Antano si dichiara non simpatizzante della tradizione francese, si tratta di un vero vigneron che fa “vin de garage” ( 15 ettari vitati, 60 000 bottiglie, una decina di botti in garage sotto la casa dove si fa il vino).

Fattoria nasce alla fine degli anni'60, quando Milziade Antano il padre dei titolari attuali Francesco e Fabrizio comprò i vigneti in fiabesca zona Colle Allodole fra Bevagna e Montefalco. Ed non era una impresa facile per Lui ad introdurre al pubblico i primi vini- Sagrantino passito e Montefalco Rosso – i vini rigorosamente naturali, senza l'ausilio di sostanze chimiche.

Quando Milziade Antano se ne è andato, Francesco ha continuato la strada di padre. Con enorme passione ed impegno Francesco Antano è riuscito a portare i suoi vini ai livelli internazionali (USA, Europa, Giappone, Messico) e in top di classifiche di tutte le guide enologiche italiane ed internazionali.

Oggi Antano si vanta di una nuova cantina pronta per l'inaugurazione ( personalmente io preferisco lo spirito di “vin de garage”!!) e di una linea di sette vini interessanti tra cui -Sagrantino Colleallodole. Un Cru da vigneto oltre trentenne in collina a 265 metri slm di superficie meno di 1 ha con suolo di argilla calcarea. Affinamento in inox e botte grande per 18 mesi . Il vino elegante, seducente di colore rosso rubino, con note di confettura di frutti di bosco, cioccolato alla menta e scia di tabacco. Il tannino raffinato e perfettamente integrato nell'ottima struttura. Si rivela divino servito con cinghiale in salmì.

 

Milziade Antano Fattoria Colleallodole

Via Colle Allodole,3- 06031 Bevagna PG

Tel.335 8342207-Fax 0742 361897

www.fattoriacolleallodole.it

 


 

QUANDO IL VINO DIVENTA UN' EMOZIONE

Dal numero di Bibenda7


“Mi sento animale alla pari con gli altri animali. Parte del pianeta terra e dell’universo.
Voglio essere animale con la minima razionalità indispensabile alla mia libertà. Per questo faccio il vino… è il metodo che conosco per farmi sentire quello che sono: istintivamente animale”. Qualche tempo fa dopo aver letto questa frase, non potei fare a meno di chiedere ad alcuni amici se avessero mai assaggiato il vino di Dettori. Ma, nonostante i più alti riconoscimenti, da Duemilavini al Gambero Rosso, da Robert Parker a Wine Spectator, il mitico produttore sardo rimane poco conosciuto. La famiglia di pastori, che da sempre aveva una sua spontanea e completa integrazione con la natura, oggi, nell'era del tecnicismo spinto, continua ad avere con la natura stessa un rapporto stretto di rispetto e continuità. “Uva e Zolfo” vengono indicati dal Dettori come unici ingredienti dei loro vini, ma io aggiungerei un altro fondamentale elemento: l'Amore.

Amore verso il proprio territorio, le sue tradizioni e le usanze, la sua storia .

Questi vini racchiudono in sé la decisa impronta delle terre da qui provengono. Possiedono una inconfondibile personalità: hanno la loro carta d'identità.

Filosofia della cantina è semplicemente non introdurre innovazioni. Fare al contrario, tutto come una volta, sia in vigna che in cantina, senza dominare la natura, e con umiltà e passione, con grande coraggio, salvaguardando i sapori della terra. E dunque niente aggiunta di solforosa, niente passaggio in barrique, solo vasche di cemento. Dettori rifiuta la filtrazione e chiarifica solo qualche travaso; i lieviti rigorosamente restano autoctoni . Inoltre le viti non subiscono alcune modifiche, si da invece preferenza a vecchie piante ad alberello di almeno 40-100 anni, alcuni a piede franco.

Domani apre il Vinitaly. E questo mi riporta indietro di un anno, all'aprile 2010, alla passata manifestazione. Sarà stato allora il caso o il mio “daimon” che voleva ricordarmi il mio destino, a farmi imbattere di persona con Alessandro Dettori, di cui tanto avevo letto e che conoscevo solo in fotografia. Come potete immaginare mi sono immersa nell'assaggio di tutti i suoi vini, dimenticando per un istante che stavo lavorando e non potevo allontanarmi dallo stand, dove ero impegnata.

Ora mi chiederete: come erano quei vini. Non mi stancherò di dire che un vino può piacere oppure no, possiamo capirlo o meno, possiamo anche odiarlo. Ma un Vero Vino deve emozionare. Di emozioni in quell'assaggio ne ho provate tante...Ed eccone alcune.

Il sorprendente Dettori Bianco 2007, un vermentino in purezza. Già il colore ambrato, velato ed un esplosivo mix dei sentori un pò ossidati di frutta esotica secca e fieno, sfumature terrose, scia di salsedine, fumo e erbe medicinali, mi hanno convinto che stavo assaggiando un outsider. Impeccabile al gusto, caldo e morbido con una freschezza brillante e ben integrata, equilibrato e armonico... Semplicemente un capolavoro.

Sono rimasta letteralmente travolta anche dalla nobilità contadina del Chimbanta & Battoro 2006 : anche questo è un monovitigno monica, di vendemmia tardiva dal colore rosso rubino luminoso . Ampio al naso con un ventaglio di spezie piùttosto dolci, note tostate di caffè appena torrefatto, cioccolato e liquirizia. Un forte richiamo alla frutta sottospirito come amarena, prugne e ancora inchiostro. Bocca ricca ed un finale lunghissimo e persistente, un'energia indescrivibile. Un’opera d’arte.

Il passato rivisitato dal Dettori mi ha condotto nel futuro... Chissà quali piacevoli sorprese ci avrà riservato per questa edizione Vinitaly 2011 ?

 

 

 


 

L'ORANGE  WINE del Monastero

Dal numero 55 di Bibenda del 1 Dicembre 2016

 

Nella campagna viterbese sorge un raro monastero Trappista nel quale si produce un ottimo VINO, sotto la guida di Suor Adriana.

Suor Adriana ci viene incontro con un aria sorridente e serena. Siamo  immersi nella campagna alle porte di Vitorchiano, provincia di Viterbo, in uno dei pochi monasteri Trappisti presenti nella Penisola. Qui l'atmosfera è quasi mistica, avvolti dal  silenzio, passeggiando  tra le vigne e gli ulivi che ci circondano. E circondano il monastero stesso, dove le monache dell'Ordine Cistercense vivono dal 1957. Con un lungo lavoro hanno fatto si che al posto di un arida pietraia sorgessero campi, frutteti, oliveti e vigneti.

Inizialmente il vino prodotto veniva venduto sfuso. Questo fino al 2006 quando si iniziò ad imbottigliarlo, anche su consiglio di Paolo e Piero Bea (titolari dell'omonima e nota Cantina di Montefalco) che incoraggiarono la scelta “naturale” e disegnarono le etichette stesse.

Oggi è lei, suor Adriana, che si occupa del vino. Con l'aiuto delle due sorelle coltivano la vigna (meno di un ettaro), raccolgono le uve e fanno, dal 2008, il Coenobium Ruscum,  prodotto in maniera assolutamente naturale, senza ricorrere alla chimica o alla stabilizzazione forzata. Tino di resina, 15 giorni sulle bucce ed un anno in acciaio.  Il risultato è un vino particolarissimo, composto da uve trebbiano, malvasia e verdicchio, presenti nel territorio già dal medioevo.

COENOBIUM RUSCUM 2015

 Di colore paglierino dorato, quasi arancio. Al naso si avvertono profumi di erba tagliata, erbe balsamiche (mentuccia e salvia) unite a note fruttate.  In bocca  si presenta con una grande freschezza e sapidità, note fruttate e lime, con leggeri tannini (15 giorni sulle bucce), finisce con buona persistenza gusto-olfattiva. Di grande beva.

Il bassissimo contenuto di solfiti, e la sua conseguente buona digeribilità, induce a berne un po' di più rispetto ad altri vini.
Si  serve fresco e si può accompagnare praticamente a tutto. Formaggi freschi,   pizze e focacce rustiche, coniglio, pollo, quaglia e piccione, ma anche pesce e parmigiana di melanzane. E proprio per questa  sua caratteristica di  essere abbinabile ad un ampio spettro gastronomico,  appare perfetto come aperitivo, unito a piccoli, vari e gustosi assaggi.

Monastero Trappiste Vitorchiano

Via della Stazione

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BIBENDA ASSISI, WINE TASTING SPECIALE

 

Dal numero 59 di Bibenda del 5 Aprile 2017

 

 

Sotto la volta, dove S.Francesco si fermava a meditare, sede di Bibenda Assisi, anche quest'anno si svolge un training di WINE e OLIVE OIL TASTING per gli studenti della Franciscan University.

Nell'antico e suggestivo Convento di S.Damiano, in Assisi, si trova un Crocifisso particolare.

Nelle biografie di S. Francesco si racconta che, nel 1205, questo stesso Crocifisso parlò al Santo: “...Francesco, và e ripara la mia Casa che, come vedi, è tutta in rovina...”
Seguendo i passi del Santo e fedeli a questo mandato Divino, oggi i giovani americani della Franciscan University stanno affermando la loro identità nella vita e nel cuore della Chiesa Cattolica. Oramai da anni gli studenti di questa eccellenza accademica, considerata tra i primi 10 Collegi di Studio dei 4500 presenti negli Stati Uniti, vengono ad Assisi per visitare la Città del Santo.  Anche la scoperta dei Vini dei Frati Francescani è parte di questo soggiorno.
Proprio i frati minori, infatti, hanno introdotto i più importanti vitigni umbri nella terra di S. Francesco. Il Grechetto dalla Grecia ed il Sagrantino dalla Turchia. Il nome di quest'ultimo deriva dall'uso che se ne faceva nella Sacrestia: Sacro – Sagrato – Sagrantino.
Entrambi i vitigni oggi sono diventati autoctoni in quanto hanno trovato un habitat unico nella Valle Umbra e non possiedono un parente genetico nel mondo.

Oggi per gli studenti, c'è un appuntamento fisso sotto la Volta dove, secondo la tradizione, da bambino si fermava a giocare e da adulto a pregare S. Francesco. Proprio sotto questa  bellissima Volta ha sede Bibenda Assisi, aderente al Worldwide Sommelier Association, e costante guida per gli studenti della Franciscan University alla Degustazione dei Vini e dell'Olio della Terra del Santo.
Qui si dedicano all'esame visivo-olfattivo-gustativo, ai tracciati ed alle tecniche dell'abbinamento cibo-vino nonché alla scoperta dei mille segreti e aneddoti legati alla tradizione enologica del territorio. Ogni anno, puntualmente sedotti dalla Cultura e dalla Mistica del vino della vallata Umbra e dei suoi incantati paesaggi.

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A PASQUA SI BEVE IL SAGRANTINO

 Dal numero di Bibenda7

 

Da sempre, per la colazione di Pasqua a Montefalco, si serviva il Sagrantino passito. Accompagnato dalla torta al formaggio, uova e salame.

Il Sagrantino è vitigno antico. E' possibile che fosse presente nel solo territorio di Montefalco, poiché non é stata evidenziata alcuna parentela genetica con altri vitigni simili nel mondo.

Lo descrive Plinio il Vecchio nella “Naturalis Historiae” con il nome Itriola. Ma tra le tante ipotesi sulle origini del Sagrantino, a me piace credere a quella in cui si racconta che alcuni frati francescani lo abbiano introdotto dall'Asia Minore, forse dalla odierna Turchia.

Da questo vitigno, con il più alto livello di tannicità nel mondo, si ricavava un vino in grado di essere conservato fino alla vendemmia successiva.

In questo modo veniva usato dagli stesi frati Francescani per i sacramenti. Da qui il probabile nome: sacrus- sagrato- sagrantino.

Sagrantino conteneva da sempre in sé la forte impronta del territorio in cui cresceva, il suo carattere era deciso e vigoroso come quello dei contadini che lo producevano.

Montefalco è il suo Sagrantino. Un fortissimo legame che attraversa tutti gli aspetti della vita del paese e dei suoi abitanti: si cucina col Sagrantino, si fanno i brasati, i biscotti, si beve insieme nei matrimoni e nei funerali, si offre da sempre agli ospiti illustri.

E poi la Strada del Sagrantino. Uno stretto nastro di asfalto che , dalla antica Bevagna chiusa nelle sue mura ed ultima località di pianura, si snoda attraversando colline coltivate a vite ed olivi e punteggiate dai casali in pietra e dalle cantine dei produttori del Sagrantino; tocca prima Montefalco, poi si dirige verso Giano dell'Umbria sempre circondata da splendidi e sereni paesaggi collinari. In questi giorni di Primavera un viaggio ed una esperienza entusiasmante.

Il Sagrantino passito dunque. Grande complessità olfattiva, frutta matura di bosco a bacca rossa e nera, cioccolato e cacao, fiori rossi appassiti, vaniglia, cannella e altre spezie dolci.

Potente e strutturato, lascia il palato secco per l'alto contenuto dei tannini, ed esalta con decisione i sapori più dolci.

Non resta, a questo punto, che invitarvi a sedere sotto il portico di un antico casale di pietra immerso negli olivi. E nella leggera nebbia del mattino che sale dalle colline, guardare stagliato il profilo di Montefalco, dei suoi campanili e delle sue torri. Quindi tranquillamente consumare questa indimenticabile colazione di Pasqua.

 


 

TRA LE COLLINE NASCOSTE DEL PICENO

 

Dal numero di Bibenda7


 

La chiesa di S.Maria della Rocca volta le spalle alle case di Offida, antico borgo del Piceno. Come una signora scontrosa. Un paradosso urbanistico. Ma se giriamo intorno alle sue mura e raggiungiamo il portale principale, allora possiamo scorgere davanti a noi l'immenso panorama che abbraccia l'intero territorio. Dalle colline ricoperte di vigneti lo sguardo raggiunge all'orizzonte le vette ancora innevate del Gran Sasso e dei Monti della Laga. La chiesa, piantata su di uno sperone roccioso, domina come una vedetta l'intero Piceno.

Anche io che amo questo territorio, molto spesso sono costretta a voltare le spalle ad una costiera a larghi tratti cementificata, per perdermi nell'entroterra, tra le sue colline e le valli tracciate da piccoli fiumi: il Tronto, il Tesino, l'Aso. Tutto intorno si dispongono le vigne e gli olivi attraversati da bianche stradine che conducono a piccole cantine nascoste. Come l'Oasi degli Angeli. Incastonata in una piccola valle isolata, poco distante da Cupramarittima, uno dei pochi paesi della costa a mantenere un profilo abbastanza intatto e sormontato da uno splendido borgo fortificato. L'Oasi è una deliziosa trattoria, una cantina e un vino indimenticabile: il Kurni.

Montepulciano in purezza, liquirizia, frutti neri e spezie, forte e insieme balsamico, esaltante ed impenetrabile ..il rosso precipita nel nero.

E poi. Altri Montepulciano in purezza. Il Quinta Regio, Poderi Capecci. località San Savino , a due passi da Offida. Panorama di colline vitate. Sembra di essere nelle langhe, ma l'aria è più tersa, i colori più brillanti. Poco lontano , seguendo una piccola strada, troviamo la cantina Clara Marcelli e il Kùn, altro Montepulciano. Biologico, fatto dalla stessa mano che ha costruito il Kurni. Da Marco Casolanetti, studi da ingegneria e grande passione per il frutto. Il Kùn descrive anch'esso sentori di frutta nera, è saturo e oscuro, ma non così imponente come il Kurni. Anche il prezzo è diverso, è più basso.

E intorno ancora piccole cantine semicelate allo sguardo, spesso non facili da raggiungere e delle quali si potrebbe e si dovrebbe dire più a lungo.

Ma si è fatta sera. E allora, serenamente accompagnati dal sole che al tramonto colora i calanchi intorno a Castorano, ci dirigiamo nuovamente verso la costa.. verso il mare. Attesi da una frittura o da un guazzetto di pesce e da una fresca bottiglia di Pecorino, del quale naturalmente avremo presto l'occasione di parlare.

 


 

Vini dell'Anatolia...

Dal numero di Bibenda7

 

Fonti attendibili affermano che l'uva Marzemino, coltivata in Trentino, l'uva di Troia- che troviamo in Puglia- e forse lo stesso Sagrantino, hanno la medesima origine.

Nei territori della Turchia centrale e occidentale.

Ma come sono oggi i vini turchi?

Già sul volo della Turkish Airlines che ci conduce ad Istanbul ci viene servita una bottiglia di vino bianco. Nonostante l'apparente assonanza con i nostri blasonati Sassicaia, Ornellaia ecc. la nostra bottiglia di Kancaya descrive una qualità ben diversa!

Ma la terra, considerata culla della vinificazione, non poteva e non doveva deludere.. Nella Tracia Marmara, nell'entroterra di Istanbul ,i primi piacevoli incontri con le etichette di Sarafin. Tutti vitigni internazionali come sauvignon blanc, chardonnay, cabernet sauvignon e merlot. Tutti molto interessanti. Ma una scoperta il “Villa Doluca” prodotto dall'azienda Doluca, un blend di Cinsault e Karasakiz, vino potente e strutturato, naso dominato da aromi di frutti di bosco e spezie, complesso ed equilibrato. La Turchia è un paese straordinariamente vario. Così dopo il caldo mediterraneo, guidando verso ovest, si raggiungono zone più fresche e con clima più continentale. L'Anatolia centrale..e soprattutto la Cappadocia (Kappadokya), famosa per suoi “camini delle Fate”, i paesaggi lunari. Il suolo costituito dal tufo vulcanico, riesce a volte a trasmettere ai vitigni, rigorosamente autoctoni e dai nomi impronunciabili, come Okuzgozu e Bogazkere a bacca rossa Narince, Sultaniye ed Emir a bacca bianca, un certo fascino e personalità. In particolare la produzione di Kavaklidere, cantina appartata e interessante. In questi luoghi il vino abitava da sempre. Così ai tempi dei primi Cristiani che si rifugiavano nelle chiese rupestri, il vino era cosa sacra, che trasfigurava il sangue di Cristo. In epoche successive l'avvento dell'Islam vide la proibizione e la relativa scomparsa del vino in Anatolia. Passeranno quattro secoli, e soltanto con la proclamazione della Repubblica nel 1923, la Turchia ritorna alla sua antica tradizione vinicola e oggi i produttori della Tracia e dell''Anatolia centrale si stanno affacciando con i loro prodotti al mercato internazionale. L'Anatolia centrale, dove una piccola tartaruga aveva lentamente attraversato, mentre sopraggiungevamo con la nostra auto, una assolata, deserta e perfettamente tenuta, Autostrada.

 

 

 

 

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